- L’ospedale di Castelvecchio era dedicato a S. Sismondo, risulta esistente fin dal 1212 e probabilmente apparteneva all’Ordine dei Cavalieri Templari. Cfr.: G. CECI, Todi nel Medioevo, Todi 1897, p. 327
- Da diversi documenti e soprattutto dalle “Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV.(Umbria, a cura di P. SELLA, Città del Vaticano 1952, passim) risultano le seguenti chiese: SS. Trinità, S. Giorgio, S. Anastasia, S. Cristina, S. Biagio, S. Pietro e S. Ippolito. Tranne quest’ultima, ancora esistente, delle altre non resta più alcuna traccia all’infuori di qualche toponimo che potrebbe aiutarci ad identificare il sito dove sorgevano o, magari, le loro rovine.
- Archivio Storico Comunale di Todi (d’ora in poi ASCT), Statuti n. 17, Liber Focolarium, anno 1290.
- G. ALVI, Dizionario topografico tudertino, ms. del 1765, c. 126, n. 88.
- L. A. PETTI, Commentarii ovvero memorie todine, vol. II, c. 210, ms. sec. XVII in ASCT, VI.VI.2. Un episodio di brigantaggio vero e proprio è documentato nel 1330 quando un certo “ser Jacobus Valglentis” e “Santius filius Bindi” della città di Ascoli furono derubati dei loro averi mentre passavano per il territorio di Castelvecchio. Cfr.: ASCT, I.V,fasc. 7, n. 252.
- L. A. PETTI, Commentarii … cit., vol. II, c. 210.
- C. RIDOLFI, Il santuario della Madonna di Castelvecchio in Massamartana n. 8, anno III, n° 1, gennaio-marzo 1993.
- AVT, Enti ecclesiastici, Viepri n. 6. la relazione contemporanea dell’accaduto fu scritta dal notaio della Curia Vescovile di Todi, Luca Alberto Petti, in un “libro antiquo” della chiesa di Castelvecchio. L’originale, come altri preziosi registri appartenenti alla stessa chiesa, è andato perso. Noi tuttavia la possiamo leggere in una copia autentica, trascritta fedelmente (de verbo ad verbum) nel 1717 dal reverendo Benedetto Boncompagni, abate curato e vicario foraneo del castello di Viepri alla cui vicaria apparteneva allora la chiesa della Madonna di Castelvecchio.
- Cfr. B. PIANEGIANI, Prontuario alfabetico delle cappelle di iuspatronato esistenti nella Diocesi, p. 60, ms. in: AVT, Memorie n. 13. Cfr. anche: AVT, Enti ecclesiastici, Viepri n. 6.
- AVT, Visite pastorali n. 10, c. 18; idem, n. 11, I parte c. 180; idem, Notai e cancellieri n. 350, cc. 206v e 356v.
- Cfr. in questo stesso libro il capitolo “Prima dei Romani”. Cfr. anche: M. MATTEINI CHIARI, Umbria dal cielo. La fotografia aerea non al servizio dell’archeologia in “Assisi e gli Umbri nell’antichità”, Assisi 1996, p. 441 sg.
- T. AUFRECHT – A. KIRCHOFF, Die Umbrischen Sprachdenkmäler, vol. II, Berlino 1849, p. 393 sg.; S. CAMPANARI, Di un’iscrizione bilingue scoperta a Todi in Giornale Arcadico, vol. LXXXI 1839, pp. 97 sgg.; F. BURANELLI, Stele bilingue opistografa in “Gens antiquissima Italiae. Antichità dall’Umbria in Vaticano”, Perugia 1988, p. 68 sg; G. DEVOTO, Il linguaggio d’Italia. Storia e strutture linguistiche italiane dalla preistoria ai nostri giorni, Milano 1977, p. 68.
- G. BECATTI, Forma Italiae. Regio sexta, I, Tuder – Carsulae, Roma 1938, col. 7; P. ROMANELLI, Notizie scavi 1935, p, 29.
- ASCT, Statuti n. 17, Liber Focolarium, anno 1290. Così viene descritto da G. Alvi in Dizionario … cit., P. 86 c. 45: “MONTE SCHIGNANO castello che fu rifabbricato circa il 1127 e poi disfatto circa il 1380 dalle di cui rovine fu indi fabricato l’anno 1390 il castello di Viepri e si tiene che fosse chiamato Monte Ascaniano da qualche Ascanio fondatore in tempo della colonia; nel 1394 si legge università e sindico di questo castello che faceva 55 fuochi come dal registro”.
- ASCT, Sommette della libbra, n. 10 (1403); idem, n. 13 (1415); idem, n. 15 (1441).
- G. Alvi, Dizionario … cit., p. 133 c. 68v. “VIEPRI castello che fu fabricato l’anno 1390 dalli abitanti del distrutto castello di Monte Schignano e prese il nome dalle spine ch’erano nel sito prima della costruzione, latinamente “vepres” dette.Gli uomini di questo castello assieme con quelli delle Torri si diedero l’anno 1392 ad Ugolino Trinci ingannati dal podestà di Todi che per denaro aveva dato il passo libero alla fazione contraria.Nel 1620 perché un tal Giuliano da Spoleto di pessima vita, dimorante in Viepri aveva fatto uccidere un certo Prospero, i caporioni di Todi andati le fecero scaricare due case del detto Giuliano col consenso però del Governatore.Nel 1562 litigò aspramente i suoi confini con Montecchie di Spoleto come lo fa presentemente co’Massetani per alcuni siti nelle montagne”.
- C. RIDOLFI, Itinerario massetano, Roma 1989, p. 22.
- ASCT, Notarile n. 3, c. 81; idem, Sommette della libbra n.10 e 13.
- ASCT, Sommette della libbra n.15, c. 2 e 17v.
- Archivio Vescovile di Todi (d’ora in AVT), Notai e cancellieri n. 47, c. 73v.
- AVT, Status animarum, Viepri 104/1.
- AVT, Status animarum, Viepri 104/3.
- AVT, Status animarum, Viepri 104/8.
- AVT, Visite pastorali n. 1, c. 161v.
Il territorio di Viepri, Castelvecchio e Rocchette
Tra la fine del 1500 ed i primi anni del 1600 di Castelvecchio non rimanevano che possenti rovine, ergentisi ancora a testimonianza dell’antica grandezza sulla cima del colle dominante su tutto il territorio circostante, oggetto ormai di favolose e truci leggende e, più praticamente, sfruttate coma cava di pietre e mattoni per nuove costruzioni.
Il grande ed antico castello si era sviluppato, nell’alto-medioevo, su un probabile e precedente centro fortificato di epoca romana, come fortezza a difesa del confine nord occidentale del Comune di Todi e come punto di controllo di un importante incrocio di strade che dalla valle del Tevere e dall’altopiano di San Terenziano confluivano a Cstelvecchio per collegarsi poi con il ramo occidentale e più antico della Via Flaminia.
Nel secolo XIII, con un ospedale 1 e ben otto chiese esistenti entro le sue mura e nel territorio di sua pertinenza2, aveva raggiunto la massima espansione e con i suoi 105 nuclei familiari accertati nel 1290 era il centro abitato più popoloso del comune di Todi3.
Nel corso del 1330, invece, per le alterne vicende delle lotte tra guelfi e ghibellini e per molti assedi subiti, Castelvecchio andò incontro ad una lenta ma inesorabile decadenza che culminò nei primi decenni del secolo successivo4.
L’epilogo si ebbe nel 1434 quando un gruppo di uomini di Castelvecchio, nobili e popolari tra i quali Filippo e Giovanni, figli del nobile Antonio di Mariano, assalirono il palazzo e le case che ser Salvato di ser Pandolfo da Todi aveva in quel castello, bruciarono e distrussero il palazzo e danneggiarono le vigne delle sue terre.
Per questo tutti i protagonisti del misfatto furono condannati dal Capitano di Giustizia di Todi, Marino della Rocca d’Ascoli, alla rilevante pena di 500 libbre di denari cortonesi per ciascuno5.
Sempre in questo periodo, tra il 1434 ed il 1444, Francesco Sforza Visconti di Cotignola, che teneva la signoria di Todi, ordinò alle sue truppe di assalire e distruggere totalmente il castello perché “gli huomini de Castevecchio erano di lor natura molto inclinati ad assassinare et rubbare le genti che passavano da quelle bande et che però la città <di Todi> si risolvesse di scaricarlo per levare l’occasione di tanti mali”6.
Dopo questi avvenimenti Castelvecchio scompare momentaneamente dalla storia ed al suo posto crescono d’importanza come centri abitati il castello di Viepri e quello delle Rocchette nei quali, senz’altro, trovarono rifugio e dimora quegli abitanti scampati alla sua distruzione.
Rimaneva comunque l’importante nodo stradale attraverso il quale continuava a passare, adesso forse con più tranquillità, un notevole traffico di genti e merci, sia locale, sia proveniente e diretto da e verso contrade più distanti come la Maremma e le Marche.
Intorno al nodo stradale si sviluppò in seguito l’attuale abitato di Castelvecchio, costituito da case sparse, allineate lungo gli assi stradali.
Nei primi anni del 1600 chi transitava per il crocevia di Castelvecchio trovava un gruppetto di poche case, un’osteria ed una modesta cappella dedicata alla Madonna, simile a tante altre che ancora oggi costeggiano le strade e gli incroci delle nostre contrade.
La “maestà”, probabilmente esistente e venerata da secoli, era stata risistemata nel 1581 per devozione di un certo “Benedetto de Ceccho” abitante del castello delle Rocchette il quale, come attesta l’iscrizione in loco, aveva anche commissionato la pittura della sacra immagine raffigurante “La Madonna di Loreto col Bambino”, dipinta dal pittore tuderte Pietro Paolo Sensini7.
Il giorno di sabato 11 maggio dell’anno 1602 passava per Castelvecchio un tal Simone Graziani di “Scuccurla di Campagna”, identificabile con l’odierna Sgurgola in provincia di Frosinone. Il Graziani aveva con sé il figlio Giacomo di 18 anni che era indemoniato (ab immundis spiritibus oppressus) e lo stava portando al celebre santuario della Santa Casa di Loreto, nelle Marche, per impetrarne la guarigione dinanzi alla prodigiosa immagine della Madonna.
Giunti in prossimità dell’incrocio un violento ed improvviso acquazzone costrinse i due pellegrini a cercare un rifugio che trovarono all’interno della cappella, lì provvidenzialmente esistente.
In attesa che il temporale scampasse Simone Graziani, con umiltà e devozione, rivolse le sue preghiere alla Beata Vergine che vedeva dipinta nel muro.
Quello stesso giorno il figlio Giacomo guarì dal male che l’opprimeva ed il padre, felice, vide esaudito il suo desiderio per intercessione di quella sacra immagine della Madonna di Castelvecchio8.
La notizia si diffuse immediatamente nelle zone circostanti ed una gran folla di fedeli accorse per rendere omaggio e chiedere grazie all’immagine miracolosa.
Le autorità ecclesiastiche, a cominciare dal vescovo di Todi, Angelo Cesi, si resero subito conto che l’evento stava assumendo una dimensione ed un’importanza di grande rilievo e che quindi era necessario intervenire con provvedimenti ufficiali per normalizzare e controllare il crescente concorso di popolo e per onorare con solennità quel modesto oratorio costruendovi intorno un santuario più grande ed adeguato alle nuove e straordinarie circostanze9.
Il nuovo santuario, su disegno dell’architetto perugino Valentino Martelli, viene costruito in breve tempo e già nel 1609 appare completo nelle strutture essenziali al reverendo don Alberto Vignato, durante la visita pastorale del 21 giugno di quell’anno10.
Nell’altare maggiore fu collocato l’affresco con l’immagine miracolosa della Madonna col Bambino dipinto nel 1581 dal pittore tuderte Pietro Paolo Sensini.
I quattro altari laterali furono ornati con pregevoli tele seicentesche dei pittori Ascensidonio Spacca detto il Fantino (Cristo crocifisso tra San Francesco e Santa Maria Maddalena), Pietro Paolo Sensini ( San Carlo Borromeo) e Pietro Salvi da Bevagna (La Madonna di Costantinopoli tra Santi e La SS.ma Concezione tra i Santi Francesco, Domenico e Antonio da Padova).
Il Castello di Viepri sorge alle pendici del colle, impropriamente detto monte Schignano in quanto la sommità non supera i 610 m. s.l.m.
La zona comunque è interessata da una continua frequentazione umana fin dai tempi della preistoria.
Sulla cima esiste ancora la cinta muraria di un castelliere preistorico databile all’epoca del Bronzo recente e finale11.
Reperti di epoca romana, tra i quali l’importante stele bilingue con il testo in lingua latina e gallica12, sono stati rinvenuti nelle località Musaleo, Viepri Vecchio e Pantane, tutte prossime al rettilineo tracciato dell’antica Via Flaminia, ancora ben individuabile fra i campi13.
Nell’alto-medioevo e fino alla fine del 1300 un “Castrum Montis Schignani”14, da non confondere con il Castelliere sulla cima, si ergeva a mezza costa del colle omonimo, a quota 520 m. s.l.m., sopra l’attuale centro che a quel tempo era ricordato nei documenti catastali e notarili come “Villa Veprium”, cioè abitato non fortificato e non protetto da mura15.
Secondo l’Alvi il “Castrum Montis Schignani” venne assalito e distrutto intorno al 1380 e con le sue rovine venne in seguito fortificata e cinta di mura, con torri e porta di accesso, la “Villa Veprium” che divenne così “Castrum Veprium”16.
Viepri rimase costantemente soggetto al comune di Todi, come dimostra lo stemma con l’aquila tuderte ancora infisso sopra l’arcata della porta d’accesso al castello, ma per non soggiacere alla vessatoria dominazione della potente città, nel 1392 chiese aiuto alla vicina città di Foligno e per qualche tempo rimase sotto il dominio di Ugolino Trinci, signore di Foligno.
A partire dal 1400, in particolare dal 1444 anno della distruzione del vicino Castelvecchio, il Castello di Viepri divenne l’insediamento più importante e popoloso della zona, anche per la vicinanza della omonima Abbazia di Santa Maria17, centro religioso di notevole attrazione, sede di “plebato” per tutto il medioevo e, successivamente, parrocchiale di Viepri.
L’abbazia di Santa Maria di Viepri sembra sia stata eretta dai signori di Castelvecchio intorno al 1150.
Pur avendo subito ampliamenti e rifacimenti posteriori, mostra ancora ben visibile la struttura romanica primitiva La facciata a due spioventi, è in blocchi squadrati di pietra ed ha un portale a due rincassi, sormontato da una bifora.
Unita con la facciata, a destra, si eleva una massiccia torre campanaria, oggi mozza. Interessanti le absidi duecentesche, quella centrale semplice e liscia con coronamento a mensola, quella minore è invece conclusa da un fregio di archetti su mensole e lesene.
Interessanti anche i frammenti scultorei romanici ed altomedioevali, incassati nelle pareti del monumento. L’interno è diviso in tre navate, separate da una semplice serie di pilastri privi di capitelli.
La copertura a crociera, che ha probabilmente sostituito l’originaria copertura a capriate, è sorretta da grandi archi trasversali.
Bella per la purezza delle linee è la zona absidale con presbiterio leggermente rialzato anche se non vi è traccia di sottostanti cripte. Di notevole l’altare, con elementi scultorei databili al IX, secolo e le due tele di Andrea Polinori raffiguranti la Natività della Madonna e la Madonna del Rosario.
Tra Castelvecchio e Viepri, in cima ad un colle isolato, sorge il piccolo Castello delle Rocchette.
Il complesso era sorto, all’inizio, come un luogo fortificato a controllo delle vie che passavano ai piedi del colle ed era costituito da una sola torre di vedetta come sembrano indicarci i nomi “Turris Symonis et Mariani” o “Roccha Symonis et Mariani” (Torre o Rocca di Simone e di Mariano) con i quali viene citato il fortilizio nei documenti dei secoli XIV e XV, i più antichi finora ritrovati18.
L’appartenenza a Simone e Mariano, ricordati nei documenti catastali come nobili di Castelvecchio, ci indica che apparteneva al complesso difensivo del castello sopra descritto.
In conseguenza della sua funzione militare dovette subire attacchi e distruzioni tanto che nel 1339 venne completamente restaurato come attesta il bassorilievo, murato all’interno di una sua casa, con la raffigurazione di una rocca merlata alla ghibellina e con l’iscrizione: “SUB ANNO D(OMI)NI MILL(ESIM)O CCC XXXVIIII REPARATUM E(ST)”.
Negli anni successivi, in particolare nel corso del 1400, anche in seguito agli avvenimenti sopra ricordati a proposito della distruzione di Castelvecchio, il complesso passò ad altri proprietari che lo ampliarono e lo trasformarono in centro abitato.
Nel registro della “sommetta della libbra” del 1441 l’insediamento viene citato col nome del nuovo possessore e detto “Roccha Angeli Mactioli”19.
Dalla seconda metà del secolo XV comincia a comparire il nome di “Rocchetta”, per l’esattezza il primo documento finora ritrovato è del 24 febbraio 145120 e nei secoli successivi si registrerà un notevole accrescimento delle famiglie e delle persone in essa dimoranti tanto che, nel 1571, il parroco di Viepri, dalla cui giurisdizione religiosa dipende anche la Rocchetta, vi annota la presenza di 68 anime21.
L’accresciuta presenza umana, che dal secolo XVI fino al 1807 oscillerà tra un minimo di 33 abitanti nel 165022 ad un massimo di 61 nel 176123, rese necessaria, oltre ad un probabile ampliamento dei fabbricati, anche la costruzione di un piccolo oratorio dedicato alla Beata Vergine Maria e sotto l’invocazione della Santissima Concezione.
L’oratorio, che risulta già costruito prima del 156824, viene visitato il 6 maggio di quell’anno dal vescovo Angelo Cesi che lo trova in perfette condizioni, amministrato da santesi, scelti tra gli stessi abitanti della Rocchetta, e sotto la giurisdizione della parrocchia di Viepri.
L’oratorio, di piccole dimensioni, è decorato con pregevoli affreschi che spaziano dal XVI al XVIII secolo.
NOTE